a Corvara in Badia, dove le Dolomiti si fanno vicinissime e l’aria sa di fieno e legno, il tavolo è più di un mobile: è un altare quotidiano. Qui, nel cuore della Val Badia, nasce e cresce INCÖ (“oggi” in ladino). Ne abbiamo parlato con Simone Cantafio, 1 stella Michelin, fiero calabrese con esperienze importantissime in Francia e Giappone, executive chef e padre del concept. Lo definisce “un tavolo unico e irripetibile dove celebriamo la massima espressione quotidiana italiana e dei contadini italiani”. Lo dice con la calma di chi ha già trovato il proprio perché, ma anche con la luce negli occhi di chi ogni mattina ricomincia da capo.
Tutto parte da una famiglia “semplice ma ricca di passione e gusto, dove la tavola era sacra” e l’obiettivo, ogni volta, “renderla accogliente e memorabile”. Simone parla di una famiglia del Sud, “unita, numerosa, calorosa e appassionata di gusto”, con la campagna a scandire i pasti. È il primo mattoncino di INCÖ: la memoria dei pranzi che contano, quelli in cui la convivialità non è un accessorio, ma il centro di gravità. Il secondo mattoncino porta due nomi che pesano: Marchesi e Michel Bras. “Sono sempre stati legati alla materia, al gusto e alla sensibilità del cuoco”, racconta. Poi ricorda una delle frasi che Bras gli ha detto in una delle loro ultime chiacchierate: “Se dovessi rinascere oggi farei proprio un tavolo come INCÖ: materia, convivialità e umanità”.
Una saletta magica per un tavolo che risponde in modo semplicemente perfetto alla definizione di "speciale". Crediti: La Stüa de Michil
Il terzo mattoncino è il viaggio. Francia e Giappone, due culture gastronomiche “con tradizioni molto radicali”: i grandi ristoranti d’Oltralpe, i menu degustazione; i kaiseki giapponesi con i servizi eleganti e gli abiti tradizionali. “Che emozione quando vivi la cultura di popoli così originali…”. Da qui nasce una domanda insistente: e noi? “Come italiani dove sta la nostra alta cucina? Ci identificano con la cucina della mamma, vero, ma anche quella può avere una forma alta: pensiamo ai nostri pranzi di Natale, alle feste… lì le tavole diventano luoghi unici, esperienze magiche”. Allora perché l’alta ristorazione italiana dovrebbe limitarsi a “menu degustazione con termini francesi e ceramiche strepitose giapponesi”? È in questo dialogo interiore che si accende la scintilla, alimentata dall’incontro con i contadini locali e le loro storie: serviva un luogo che celebrasse ogni giorno l’alta cucina italiana “con i nostri gesti, i nostri tempi e le nostre tradizioni”.
Da qui la scelta più netta: mettere il gusto al centro, senza compromessi. “Non esiste che tecnica ed estetica sovrastino il gusto: su questo sono molto ferreo”. Il cuoco diventa “un ponte tra ospite e terra”, sposta un po’ di ego e lo riversa nella cura: temperature, consistenze, dettagli minimi ma decisivi, “quel filo d’olio extravergine sui pomodori freschi che rende tutto così italiano”. In questa tavola, aggiunge, ci sono “i valori della mia famiglia, delle nostre famiglie. Io ci vedo l’Italia”.
Con il tavolo INCÖ, Simone Cantafio celebra ogni giorno l’alta cucina italiana con i nostri gesti, i nostri tempi e le nostre tradizioni. Crediti: La Stüa de Michil
Per capire come nasce un menu basta fermarsi una mattina qualsiasi d’estate. “Fortunatamente il tavolo oggi è sempre prenotato”, confida. In settimana arrivano i piccoli tesori: contadini, pescatori, cavatori di tartufo. “La biodiversità italiana arriva tutta”. Poi il rito con il team: si stende il menu “in base al meglio che ci è arrivato”. Fine luglio porta pomodori “strepitosi”, peperoni cornetto, melanzane “carnose”. Karl, amico contadino, ha portato quattro galli “favolosi”. Da Marebbe arrivano dieci chili di finferle del Passo Furcia; a San Cassiano, “questa mattina, cinque litri di latte appena munto da trasformare in un gelato magico” che accompagnerà la frutta di Judith: “le sue albicocche della Val gardena sciroppate da noi”.
La Stüa de Michil
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Corvara in Badia (Trentino-Alto Adige)